Fonti

Aristotele

Le testimonianze relative all’origine della commedia greca sono piuttosto esigue, spesso inaffidabili e tra loro dissonanti. Ciò è determinato dal fatto che le rappresentazioni comiche hanno origini popolari assai antiche: dunque, inquadrate in contesti non “ufficiali”, risulta complicato trovare su di esse informazioni dettagliate valide.

Aristotele, che nella sua “Poetica” elaborò una sorta di canone della letteratura greca dalle origini fino alla produzione coeva,  si interrogò anch’egli sulle misteriose origini di questo genere drammatico e a lui dobbiamo le ipotesi tutt’oggi condivise dagli studiosi.

Qui vi riportiamo la traduzione italiana di alcuni passi della Poetica, in cui  Aristotele  illustra l’origine della commedia.

Innanzitutto, questa è la definizione del termine «Commedia» data dal filosofo:

“La commedia, come dicevo, è imitazione di soggetti vili, ma non sul piano di una totale malvagità, sibbene del brutto; e suo elemento è il ridicolo. Ora il ridicolo è una deficienza ed è un difetto, ma non doloroso né esiziale, come per l’appunto la maschera buffa è qualche cosa di brutto e sgraziato che non desta sofferenza” 

Segue la teoria secondo cui la commedia derivi dalle festività di campagna, più specificatamente dalle falloforie:

“Derivava la sua origine dall’improvvisazione, non solo la tragedia, ma anche la commedia: quella dai corifei che intonavano il ditirambo, e questa da chi guidava le falloforie (processioni falliche) che ancor oggi in varie città sono rimaste nell’uso”

Nei passi seguenti, Aristotele ci illustra le sue ipotesi e le testimonianze da lui raccolte riguardo l’origine geografica della commedia.

“… La commedia alle origini ci rimane ignota, perché non era apprezzata; avvenne tardi che l’arconte, ad Atene, desse ufficialmente il coro ai commedianti; questi erano, invece, dei privati volontari; quando poi cominciò ad avere certe sue strutture, allora anche per la commedia ci furono poeti e se ne tramandano i nomi” 

Epicarmo

“Non si sa chi istituì le maschere o i prologhi o il numero degli attori, e altri particolari del genere; ma la maniera di costruire racconti come Epicarmo e Formide, era venuta di Sicilia per la prima volta: Cratete fra gli ateniesi fu il primo ad abbandonare la maniera giambica, e a comporre totalmente dialoghi e racconti”.

“I Dori pretendono di rivendicare a sé la tragedia e la commedia, e cioè la commedia i Megaresi di qui […] e i Megaresi di Sicilia in quanto era siciliano il poeta Epicarmo… E adducono i nomi come prova: costoro dimostrano di chiamare κώμη i distretti territoriali […], giacché pensano che i commedianti si designino così non dal κώμος recato in giro, bensì dall’andare in giro per le κώμαι della campagna… E poi sostengono che loro esprimono con δράμα l’azione di agire, e gli ateniesi invece con il verbo generico di FARE”  (Leggi il testo greco)

E qui termina la testimonianza di Aristotele.

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Paolo Vacca

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